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Sebastian Masuda: padrino del kawaii

Sebastian Masuda, la mente dietro a 6%DOKIDOKI e al video musicale di “PONPONPON” di Kyary Pamyu Pamyu, non ha bisogno di presentazioni. Dai suoi inizi a Harajuku, Sebastian ha fatto strada e viaggiato per il mondo portando la cultura kawaii alle masse. Ma Harajuku è cambiata moltissimo da quando 6%DOKIDOKI ha aperto i battenti per la prima volta nel 1995. Mentre la sua creatività continua a influenzare il mondo, gli abbiamo chiesto quale ruolo lui e il suo brand avranno nel futuro del kawaii.

 

Parlaci di come hai creato 6%DOKIDOKI.

Ho creato 6%DOKIDOKI perché volevo lavorare a Harajuku. All’inizio era una vetrina dove mostrare le mie opere e quelle dei miei amici, ma visto che non avevo clienti, ho iniziato a vendere abiti e giocattoli vintage. Alla fine ho riempito il negozio con ogni sorta di oggetto di mio gradimento.

L’idea di avere shop girl e shop boy è centrale all’identità del brand. Perché hai voluto mettere lo staff sotto le luci della ribalta?

L’idea di shop girl e shop boy mi è venuta nel 2006 grazie a un negozio londinese chiamato Biba, dove lo staff era composto di fotografi, modelli e altri artisti. Ho pensato che sarebbe stato bello avere gente creativa a lavorare anche da 6%. Credo che sia stato il primo negozio a portare questo approccio in Giappone, perché prima non c’era nulla di simile!

 

Immagine cortesia di Tokyo Fashion.

Molte persone ritengono che 6%DOKIDOKI abbia reso il Decora popolare. Quale pensi sia stato il ruolo del brand nella nascita di questo stile?

6%DOKIDOKI ha aperto i battenti in una strada secondaria di Harajuku durante gli anni ‘90 ed era frequentato dalla gioventù dell’epoca. In quel periodo non era ancora un negozio di abbigliamento, ma vendeva giocattoli e accessori per la casa. Una personalità della TV chiamata Tomoe Shinohara usava questo genere di oggetti nei suoi look quando appariva in TV e persone da tutto il Giappone si sono innamorati del suo stile, rendendolo popolare.

Non si può parlare del kawaii, senza menzionare te o il tuo brand! Perché pensi di aver avuto un tale successo a livello internazionale?

Ho pensato a questa domanda a lungo io stesso e credo che la ragione principale sia la mancanza di regole: non c’è un “modo giusto” di creare un look, come per esempio quando si tratta di cosplay o Lolita. Nel kawaii e nel Decora puoi abbinare i capi come preferisci, quindi in una stanza con diecimila persone ci saranno diecimila look del tutto unici. Per questo lo stile è diventato popolare nel mondo.

L’altra ragione sono i colori. Indossare molti colori diversi non è qualcosa di universale, ma di specifico della moda giapponese. Quando vai a Londra o in altre città europee, tutto è marrone o grigio, mentre in Giappone amiamo i colori.

Cosa pensi dell’influenza dei social sulla cultura kawaii?

Prima dei social media e di YouTube, dovevo viaggiare per il mondo con le shop girl per mostrare il mio lavoro. Ora video dei miei viaggi ed eventi vengono postati in rete così che tutti possano partecipare in qualche modo, non solo chi era presente. Il video per la canzone “PonPonPon” di Kyary Pamyu Pamyu ha avuto un grande impatto e i social hanno creato un mondo in cui le persone possono comunicare e scambiare opinioni sulla moda più facilmente. Credo che questo abbia influenzato la cultura kawaii.

Hai fatto un world tour per incontrare fan della moda di Harajuku provenienti da tutto il mondo, ma ora ti sei spostato online a causa della pandemia. Perché è importante connettersi a un’audience globale?

Il kawaii è una filosofia, quindi credo che sia importante pensarci durante la pandemia: non potendo uscire o indossare vestiti interessanti, abbiamo più tempo per pensare al lato teorico della moda. Ho avuto meeting con persone da tutto il mondo per discutere i modi migliori per portare il kawaii ovunque. Se pensiamo a questo movimento in termini di filosofia, possiamo creare una community più felice e serena.

 

Immagine cortesia di Sebastian Masuda.

Come si è evoluta Harajuku (e in particolare le sue strade secondarie) da quando hai aperto il primo negozio di 6%DOKIDOKI?

Dopo che le hokoten [strade pedonali] sono scomparse nel 1998, Harajuku non è più un luogo, ma un’idea che può essere ricreata ovunque nel mondo. Il luogo in sé ora è più un’attrazione turistica, in particolare in vista delle Olimpiadi (che però sono state cancellate).

Inizialmente avevo predetto che Harajuku avrebbe raggiunto un picco di popolarità prima delle Olimpiadi per poi avere un declino. Gli affitti sarebbero diventati meno cari, permettendo ai giovani di tornare a vivere nel quartiere e di aprire piccoli negozi nelle strade secondarie. Tutto questo è stato accelerato dal COVID-19, credo che ora i giovani abbiano di nuovo una chance.

Parlaci del tuo primo incontro con la moda alternativa di Harajuku.

È stato durante la mia adolescenza, quando vivevo a Matsudo, nella prefettura di Chiba. Si trovava a soli 30-40 minuti da Harajuku, dove passavo gran parte del mio tempo perché non andavo d’accordo con i ragazzini locali. Lì invece incontravo persone con idee e interessi simili ai miei. All’epoca c’erano ancora le hokoten quindi potevi vedere le performance di gruppi come Takenoko-zoku e c’erano concerti ovunque. Ho notato la moda alternativa del luogo per la prima volta allora.

Cosa pensi dello stile contemporaneo?

Credo che manchi d’originalità. L’hip-hop ha una grande influenza sullo stile odierno, ma vorrei vedere look più particolari. Essere influenzato da tante cose diverse è importante quando si è giovani, ma vorrei che le persone si sforzassero a creare qualcosa di unico. Harajuku è meno originale che nel passato. Prima non potevi comprare vestiti alternativi, quindi c’era un approccio più DIY alla moda, mentre ora si indossano i vestiti visti su Internet e manca un po’ dell’ingenuità e della creatività che rendeva la scena così viva.

Cosa possiamo imparare dal movimento kawaii?

Credo che le persone entrino in questa sottocultura per motivi superficiali all’inizio, magari il desiderio d’indossare certi vestiti o make-up. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Ma se penso al passato, io ho iniziato perché mi stavo ribellando contro qualcuno o perché volevo rendere felice una persona.

Questo movimento è importante e spero che la prossima generazione continui a tenerlo vivo. Voglio che si divertano con la moda, organizzino sfilate, creino una community e facciano cose nuove e differenti, mantenendo lo spirito del kawaii. Questa è la cosa più importante.

 

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Introduzione e domande di Vania, traduzione di Luna.
Immagine cortesia di My Modern Met.

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