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Hip-hop + Fashion

Tupac Shakur con la bandana. TLC con pantaloni oversized che lasciavano vedere i boxer targati Tommy Hilfiger. TLC (ancora lui!) con una salopette ricoperta di preservativi. L’iconica Lil’ Kim durante la performance di Crush on You vestita tutta di rosso – capelli rossi, giacca e bikini di pelo rossi. L’hip-hop e la moda vanno sempre da braccetto!

Su The COMM la moda è spesso definita un mezzo per esprimere se stessi, quindi quando un gruppo marginalizzato di persone prova ad avere successo questa “espressione di se stessi” che caratteristiche ha? Prima di Nicki Minaj e A$AP Rocky, c’era LL Cool J con il suo cappello a cloche di Kangol, i suoi jeans arrotolati fino al ginocchio e il suo fare da “Romeo hip-hop”, mentre i Run-DMC suonavano “Walk This Way ” con gli Aerosmith in pantaloni e felpa della tuta e Superstars di Adidas e i N.W.A rilasciavano Straight Outta Compton con le loro distintive felpe girocollo e jeans. Questi musicisti erano i primi a proporre la narrativa del “partire dal fondo” per poi arrivare alle stelle. Una volta raggiunto, il successo veniva mostrato attraverso vestiti dei brand più appariscenti e costosi – Gucci, Polo Ralph Lauren e MCM (per nominarne solo alcuni) rappresentavano questo cambiamento per il meglio. Ma questi brand così ambiti non erano simbolo solo di un’ascesa sociale, ma anche di un netto rifiuto di tutti coloro che li avevano ritenuti inferiori in passato.

 

 Credit: wesoclassic.com

 

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Ma naturalmente questi brand non erano alla portata della gente qualunque, quindi l’unica possibilità era l’innovazione. Prendete Dapper Dan per esempio, stilista e sarto d’eccezione. Originario di Harlem, New York, Dap incarnava l’ingegnosità della gente di provincia. Vestiva i “gangster”, i rapper e gli atleti di New York in bomber fuori misura fatti su misura, giacche di pelo e giacche in stile squadra del liceo decorate con i loghi di Gucci, Fendi, Louis Vuitton e molti altri. Il suo segno distintivo? Eleganza sartoriale. La sua interpretazione dello stile hip-hop nasceva dal desiderio di “africanizzare”la moda europea; era influenzato dall’abbigliamento sportivo così come dalla sartoria Savile Row. Questi “knockups” (imitazioni di prodotti di lusso così stravaganti e particolari da diventare prodotti originali in sé e per sé) impenitenti offrivano a coloro altrimenti esclusi da un certo tipo di moda e abbigliamento un accesso “popolare” al lusso e un modo di mostrare la propria ascesa sociale – o per lo meno un tentativo di ascesa.

Negli anni ‘90 con l’ascesa delle Timberland e dei vestiti oversized indossati da Puff Daddy e The Notorious B.I.G. la nuova generazione invece rifiutava i “knockups” del passato, non desiderando più mostrare il proprio valore tramite i brand di lusso. Nascevano così i brand hip-hop direttamente legati a un gruppo o a un musicista. Wu Tang Clan ha il brand Wu Wear, Diddy crea Sean John, Nelly fonda Apple Bottoms, Russel Simmons lancia Baby Phat, per non parlare di Rocawear di Jay-Z. Questi brand “creati dal popolo per il popolo” cercano di trovare valore in un mondo di loro creazione.

Andre 3000 degli OutKast e Pharrell Williams dei N.E.R.D. rappresentano una svolta nel hip-hop, distaccandosi anche dai collegamenti convenzionali con il mondo della moda. Forse a causa della crescente globalizzazione, il loro stile era basato sull’integrazione d’influenze da tutto il mondo, senza badare ai confini culturali o geografici. Pharrell indossava un mix di moda giovanile, abbigliamento da skateboard, streetwear giapponese e zaini, mentre Andre 3000 vantava capi sartoriali dal taglio selvaggio – immaginatevi Jimi Hendrix con un pizzico dell’eleganza di James Bond e una vagonata della spavalderia di La Sape. In poche parole, questi artisti hanno reso accettabile essere semplicemente se stessi – qualsiasi cosa significasse.

 

                 Credit: Ivan Nikolov/WENN.com

Il panorama della moda hip-hop è diventato sempre meno uniforme e sempre più basato sul concetto di espressione di se stessi. Gli artisti hip-hop sono ora accettati tra le file dei “veri” musicisti e sono spesso in cima alle classifiche.

Tutto questo, unito allo spirito imprenditoriale “dal popolo per il popolo”, ha dato vita a vari brand, creati autonomamente da rapper e musicisti e ben presto diventati famosi e ambiti. Magari non sono popolari ovunque, ma questi brand sono la prova che creare un brand della propria personalità e stile nelle mani degli artisti hip-hop è uno strumento efficace. Inoltre creano un ambiente in cui questi artisti influenzano direttamente gli altri brand con i loro gusti, quindi se per esempio Kendrick Lamar vuole una tuta di Fendi personalizzata (per quanto pacchiana possa essere), sarà proprio Fendi ad assicurarsi di fargliela avere! L’ecletticità della moda indossata da questi artisti negli ultimi anni ci porta anche a concentrarci su molti altri brand oltre ai classici Gucci e Louis Vuitton: Chance the Rapper indossa Thom Browne, Wiz Khalifa preferisce Dies Van Noten, Cardi B ama Dolce veste Gabbana alla festa di Harper’s Bazaar durante la Fashion Week di New York.

 

                   Credit: Taylor Hill/Getty Images

 

Naturalmente c’è sempre l’eccezione alla regola, ma si sente ancora l’influenza della strada, soprattutto perché il principio cardine della moda hip-hop, rappresentato in modo così spettacolare da Dapper Dan, è ancora alla base di questo stile: l’abilità di reimmaginare la moda nel contrasto tra l’opulento e l’ordinario, in una sorta di citazione alla poverty de luxe di Coco Chanel. Quindi quando vedete Jay-Z con una felpa con cappuccio (invece di un balzer) e un paio di scarpe da ginnastica (invece di scarpe eleganti o mocassini), sappiate che non c’è nulla di ordinario in ciò che indossa. La moda hip-hop si è evoluta in uno stile che non conosce limiti!

 

Scritto da The COMM

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